Tra dipendenti e collaboratori esterni, lo staff è così composto:
Tre odontoiatri
Luca Frigatti, Antonio Frigatti, Anna Schiro
Tre igieniste
Valeria Bartoli, Catia Berti, Giulia Cavicchioli
Una specialista in ortodonzia
Michela Fazio
Sei assistenti alla poltrona
Elisa Colombani, Arianna Gadda, Alessandra Mangherini, Michela Tegazzini, Simona Tomasi, Natascia Zanghirati
Due fronte-office
con mansioni amministrative, Alessandra Marzocchi (Ferrara) e Silvia Invernizzi (Codigoro)
I titolari
Luca Frigatti
Classe 1964, laurea in Odontoiatria col massimo dei voti nel 1989 e due master di II° livello in Implantologia (Università di Udine e di Chieti), è stato Luca ad aprire lo Studio, che ha poi ampliato col fratello Antonio. Si occupa prevalentemente di chirurgia estrattiva, ricostruttiva ed impiantologia, un ramo che richiede conoscenza del ‘metodo’ e sensibilità. I suoi pazienti tipo sono i ragazzini che stanno facendo la terapia ortodontica; la fascia dei ventenni, venticinquenni che debbono estrarre il dente del giudizio o che non hanno denti armoniosi e per motivi estetici scelgono di rifare la zona relativa al sorriso, da premolare a premolare; gli over 60 che non intendono più portare la protesi (dentiera) e decidono di sottoporsi all’implantologia, o parziale o totale. Si tratta spesso di persone che per motivi economici, in gioventù, si sono trascurate e hanno perso i loro denti. Allora, raggiunta una certa qualità della vita, decidono di concedersi un sorriso nuovo, vero, senza inibizioni e vergogne. Senza, semplicemente, sentirsi in imbarazzo al ristorante.
Si tratta di interventi lunghi e dolorosi?
Ma il paziente, non ha paura del risultato?
A una certa età sembra strano
E invece no, perché a differenza di un tempo, un sessantenne o settantenne non ritiene oggi di essere alla fine della propria vita. Si sente anzi in diritto di migliorarne la qualità. Tra i miei pazienti, molti sono ottantenni. Ho avuto addirittura una signora di 92 anni. Dopo, con i denti ‘nuovi’, era felicissima.
Che cautele richiede l’impianto?
Però è costoso?
Antonio Frigatti
Classe 1969, Antonio Frigatti ha conseguito la laurea con lode in Odontoiatria nel 1993 e diversi master (Endodonzia, Università degli Studi di Verona; Chirurgia Orale, Università degli Studi di Udine; Estetica dei tessuti periorali, Università degli Studi di Padova) oltre ad aver appreso a Londra la cosiddetta tecnica Oralift, dal luminare Möhindra. E’ Tutor di Poiesis, associazione che col patrocinio ANDI (Associaziona Nazionale Dentisti Italiani) si occupa dell’estetica dei tessuti periorali, tiene corsi ai colleghi in tutta Italia. Parola d’ordine, aggiornamento. Guardando non solo a Ferrara, ma all’Italia e all’Europa. Solo così, secondo lui, «si può essere all’avanguardia». Per Antonio, salute ed estetica vanno di pari passo e trovano la loro massima espressione nel benessere, «la condizione in cui ogni paziente deve sentirsi quando esce di qui, quando ha terminato un lavoro. Deve piacersi, sentirsi a proprio agio, essere soddisfatto». Oltre alla classica conservativa, con particolare riferimento all’endodonzia, Antonio è specializzato in protesi estetica ed estetica dei tessuti periorali.
Ossia?
Perché si è avvicinato a questa branca?
Essere all’avanguardia, in questo specifico ambito, cosa significa?
Pazienti affezionati da anni. Perché?
Quanto conta il rapporto medico-paziente?
Odontoiatra
Anna Schiro
A supporto di Luca e Antonio c’è anche Anna Schiro, odontoiatra, esperta in conservativa e endodonzia che collabora con lo studio da parecchi anni. Ci sono persone che arrivano in una condizione di emergenza, vittime di dolori provocati da pulpiti o carie trascurate. In altri casi – ad esempio nei primi o nei tradizionali controlli – sono le lastre a rivelare la presenza di problemi di cui il paziente è all’oscuro. Proprio perché l’endodonzia non riguarda gli aspetti estetici, il rapporto col paziente è fondamentale. «Spesso ha paura – conferma Anna – o semplicemente vergogna ad aprire la bocca.
Talvolta questo procura una vera e propria ansia e un desiderio di risolvere immediatamente il problema. La fiducia è fondamentale per spiegare tutti i passaggi e metabolizzarli».
Importante è anche il fattore estetico, che si traduce nel desiderio di avere denti bianchi e dritti e nell’utilizzo di materiali che non inficiano il sorriso. Quindi, anche nelle otturazioni dei denti posteriori, meno visibili. «Oggi – conferma Anna – al posto della vecchia amalgama color argento si usano composti bianchi».
Molti i benefici, tra cui una maggiore resistenza e conseguenti vantaggi nella masticazione. «Oggi cura e funzionalità vanno di pari passo e non prescindono l’una dall’altra». I nuovi materiali implicano una maggiore lavorazione, ovviamente manuale, in un certo senso artigianale. «Noi dentisti siamo diventati un po’ come gli orafi», conferma Anna.
E il paziente, nell’ostentare il sorriso, il suo vero gioiello, è felice, perché piace a se stesso «ma sa, soprattutto, di piacere agli altri».
Ortodonzista
Michela Fazio
A differenza di un tempo, quando all’ortodonzista si portavano soprattutto i bambini, per raddrizzare i denti o allinearli recuperando gli eccessivi spazi tra l’uno e l’altro – spesso con vistosi apparecchi con elastici che certamente creavano loro disagio e imbarazzo – oggi anche gli adulti ricorrono a questo ramo dell’odontoiatria.
In nome della prevenzione, è nell’infanzia che si evidenziano le prime vulnerabilità e si deve correre ai ripari. Una prima visita va di norma effettuata intorno ai 6 anni, cosi da verificare se ci sono mal occlusioni (impossibilità di chiudere bene la bocca. La mascella può essere più avanti rispetto alla mandibola oppure il contrario), che possono poi causare problemi nella masticazione. Ancora, denti storti o spazi da recuperare.
Nell’ortodonzia infantile si agisce perlopiù a livello scheletrico, osseo. In adolescenza, si sfruttano apparecchiature fisse, comunque confortevoli. Negli adulti, l’ortodonzia può essere effettuata in casi pre-protesici, quindi prima di procedere con interventi di implantologia o protesi fisse; o per ragioni estetiche, quindi per raddrizzare o recuperare spazi o togliere “l’affollamento” dei denti. Le apparecchiature per gli adulti sono oggi estetiche, quindi invisibili, realizzate con materiali trasparenti, con attacchi autonomi a misura del dente.
L’ortodonzista lavora a stretto contatto con l’odontoiatra e l’igienista. E’ importante che tutti i professionisti conoscano la storia medica del paziente.
Front-Office
Alessandra Marzocchi, Silvia Invernizzi
Ad accogliere i pazienti, sono loro.
A Ferrara, Alessandra Marzocchi, a Codigoro, Silvia Invernizzi. Sono le cosiddette Front-Office. Svolgono il lavoro di management, ossia amministrazione/contabilità e relazione.
Alessandra, parla diverse lingue – inglese, francese, tedesco – aspetto fondamentale in una città, Ferrara, a vocazione turistica, dove uno straniero può essere indirizzato allo studio per una emergenza.
Discrete, ma con la soluzione pronta, devono sapere fornire risposte a chi varca la soglia dello studio. O semplicemente telefona per avere informazioni. Conoscono l’attività degli ambulatori alla perfezione e indirizzano immediatamente il paziente all’odontoiatra ‘giusto’.
Perché le competenze di ciascun professionista sono diverse. Non consigliano, suggeriscono; ascoltano e intercettano i bisogni. Sanno essere amichevoli senza diventare invadenti, questo è loro richiesto, e questo è il loro talento. Sanno quanto talvolta può essere imbarazzante mostrarsi con una dentatura che non fa sentire a proprio agio e chiedere il primo appuntamento.
E sanno anche quanto incide il timore dei ‘costi’. Così, se necessario, fanno da ‘ambasciatrici’, eliminando sul nascere eventuali titubanze. Poi affidano il paziente ai medici. La loro attività è molteplice e non si riduce a tenere l’agenda degli appuntamenti.
Assistenti alla poltrona
Elisa Colombani, Arianna Gadda, Alessandra Mangherini, Michela Tegazzini, Simona Tomasi, Natascia Zanghirati
Avviene in presenza dell’assistente anche il primo contatto che il paziente ha col medico. Talvolta, anzi, lo precede. Per questo è fondamentale sapersi dimostrare accoglienti, mettere a proprio agio, creare un clima di complicità, che spesso si trasforma in confidenza. L’assistente prepara il paziente, lo tranquillizza, gli rivolge – se è nuovo – le domande relative alla sua condizione di salute, recependo le informazioni necessarie per la cosiddetta cartellina. Aggiorna la stessa in tempo reale. Risponde ai quesiti che il paziente ha timore di rivolgere al dentista per una sorta di riverenza.
Le più ricorrenti: ‘Mi farà male?’, ‘Quanto durerà?’.
Succede anche che gli tenga la mano, in una sorta di sostegno morale. Sono i suoi occhi che il paziente cerca per trovare conforto. Ecco allora che la gentilezza, da non intendersi solo come educazione e come atto formale, diventa capacità di leggere tra le righe, di capire esigenze anche non manifestate apertamente, di parlare per rompere i silenzi e per cementare la fidelizzazione.
- “L’obiettivo, nell’interesse di tutti, è creare un ambiente sereno” -
Quello di assistente è un lavoro di grande responsabilità. La serenità che ostenta, è frutto della conoscenza del lavoro del medico, che deve in qualche modo sapere precedere. Un esempio? Porgli gli strumenti giusti senza necessità che siano indicati. Questo comporta agilità nelle prestazioni, soprattutto quelle più impegnative; possibilità, per il dentista, di non deconcentrarsi; sicurezza, per il paziente, che respira tranquillità e non deve percepire alcuna tensione.
Questo avviene anche grazie all’organizzazione e alla razionalizzazione degli strumenti. Le assistenti si occupano infatti della sterilizzazione in tutti i loro passaggi, dalla fase successiva all’utilizzo al confezionamento nelle apposite buste. Il paziente ne ricava una immediata sensazione di igiene, pulizia, decoro. In una parola, sicurezza.
Per raggiungere questo traguardo, fondamentali sono la complicità col medico, con cui vi è un rapporto stretto, e la collaborazione tra colleghe. Sia per non sovrapporsi, sia per aiutarsi, sia per dividersi i compiti.
Igieniste
Valeria Bartoli, Catia Berti, Giulia Cavicchioli
L’igiene è fondamentale nella prevenzione, nella cura e nel mantenimento del proprio sorriso. Nessuno dovrebbe esimersi dal sottoporvisi almeno una volta all’anno, anche se in alcuni casi è richiesta una maggiore frequenza. In cosa consiste l’igiene? Nella pulizia dei denti, praticata ad uno ad uno – così da rivelare anche eventuali inizi di cedimento nelle ricostruzioni o lesioni nei tessuti di sostegno del dente – e nel loro sbiancamento, con pratiche che non ne compromettono lo smalto, tutt’altro, lo ravvivano e rafforzano.
La collaborazione del paziente è fondamentale. E prima ancora della collaborazione, è necessaria la sua volontà di applicarsi anche a casa. Perché per evitare che le ‘sedute’ rilevino problemi – depositi di tartaro, gengive infiammate e sanguinanti – , che alla lunga sono di difficile eliminazione, bisogna impratichirsi da sé. Per questo le igieniste insegnano come spazzolare i denti, mostrano i risultati. E se per gli adulti lo specchio è sufficiente per rivelare eventuali traguardi, o negligenze, sui più piccoli è importante agire sollecitando non solo la voglia di essere ‘belli’, di non avere dolori, ma anche di non dover venire, da ‘grandi’ continuamente dal dentista, come magari fanno mamma e papà perché da piccoli non hanno ricevuto le dovute attenzioni. Per convincerli, talvolta, si mostra loro lo ‘sporco’, si disegna un batterio che va a ‘mangiare’ il dente. In questo caso, la paura agisce da deterrente e stimola il senso di responsabilità. Imprescindibile è comunque la collaborazione di mamma e papà. L’educazione alla propria cura, avviene infatti in casa.
- “L’obiettivo, per tutti, è la consapevolezza dei traguardi raggiunti” -
Ogni paziente è diverso e richiede un percorso ad hoc. C’è infatti l’adolescente che porta l’apparecchio e fa ortodonzia, l’adulto che si sottopone all’implantologia.
Il primo passo per creare complicità con bimbi, adulti, anziani e disabili, è non traumatizzarli ma creare complicità. Bisogna motivare, cercando escamotage per superare le singole vulnerabilità.